PIZZA DOLCE:
La pizza dolce è il clou del giorno di Pasqua. La pizza dolce di Vignanello e dintorni merita di essere ricordata, per la sua soffice consistenza e per la soavità dei suoi aromi. Riporto quasi integralmente la ricetta di Italo Arieti, perché spiega benissimo una ricetta che non è di semplice. Voglio solo precisare che le dosi indicate dall'Arieti sono quelle che si usavano un tempo per fare tante pizze da distribuire ai parenti o da regalare agli amici. E quindi per fare in casa soltanto una o due pizze dolci bisogna ridurre le dosi in proporzione. "Ingredienti: 4 chili di farina, 24 uova, 1 chilo e 600 grammi di zucchero, 200 ml di liquori misti da dolci, 3-4 bustine di cannella, 300 grammi di strutto (o burro o olio), 2 bustine di vaniglia, buccia grattugiata di limoni e arance, 200 grammi di lievito di birra. Si scioglie il lievito di birra in acqua tiepida e si aggiunge poi a poco a poco un chilogrammo di farina, fino a formare una palla molto morbida, tipo pastella, che va messa a lievitare per alcune ore (circa 12). A lievitazione avvenuta, dentro un grosso recipiente di "coccio", o sulla spianatoia quando si tratta di dosi ridotte, si incorporano a questa pasta lievitata tutti gli altri ingredienti (esclusi i liquori), impastando continuamente con un mestolo fino ad arrivare, dopo alcune ore di faticosa lavorazione, alla formazione di una grossa massa di pasta omogenea, di consistenza simile alla pasta del pane. I liquori vanno aggiunti con molta cautela, facendoli cioè scorrere in piccola quantità lungo il recipiente mettendoli a contatto con l'impasto sempre protetto da uno strato esterno di farina, per evitare la cosiddetta cottura della pasta. Si preparano allora i vari tegami a bordo molto alto, ungendoli internamente con lo strutto, e vi si depone all'interno una quantità di pasta tale da raggiungere la metà dell'altezza del tegame. Si lascia quindi lievitare per alcune ore in un ambiente tiepido, a temperatura costante (una volta si usava la madia), fino a quando la pasta non raggiunge il bordo superiore del recipiente. Si bagna lo strato superiore con un pennello imbevuto di uova sbattute e si mette tutto al forno. All'interno di questo, durarne la cottura, si avrà un ulteriore accrescimento della pasta che supererà così il bordo del tegame, facendo assumere alla pizza il caratteristico aspetto a fungo, con il cappello di un bel colore marrone scuro, lucido." Arieti aggiunge che in tutta la Tuscia esistono molte varianti nel dosaggio degli ingredienti. In alcune ricette ci sono più uova, in altre più burro, in altre varia la quantità di cannella. Insomma, conclude Arieti, "forse ogni famiglia aveva una sua ricetta segreta". Il segreto di nonna Angelina? Non lo conosco, se l'è portato via con sé. So soltanto che a casa nostra s'è sempre usato l'alchermes come liquore. E grazie all'alchermes, appena tagli la prima fetta, ravvolge un profumo sontuoso, che sa di cannella, vaniglia, coriandolo, chiodo di garofano, fiori d'anice, cardamomo e acqua di rose.
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